Maurizio Machetta, uno dei Grandi Amici
del nostro Basso Pavese, ha risposto prontamente all'appello cheabbiamo lanciato tempo fa quando vi abbiamo questo di collaborare con
noi per aiutarci a valorizzare il questo territorio. Per farlo ci ha
regalato una storia di inizio anni '70 che merita davvero di essere
conosciuta...
Il 31 Agosto del 1969 si svolse il
celebre concerto dell'Isola di Wight (immortalato anche in una famosa
canzone dei Dik Dik, quella che recitava: "Sai cos'è l'Isola di
Wight...") con la partecipazione di Bob Dylan che provocò molto
rumore. Dylan era assente dalle scene dai tempi del suo incidente
motociclistico a Woodstock nel quale corse il rischio di perdere la
vita.
Il Festival britannico era alla sua
seconda edizione e faceva il paio con l'altrettanto celebre festival
americano di Woodstock in quanto la rassegna giovanile musicale
improntata al concetto di “peace and love, flower power, summer of
love”, e tutti gli altri slogan del periodo beat/hippie. Wight era
una piccola isola al largo della costa sud della Gran Bretagna, un
punto sulla carta geografica. Ma ci fù un'altra Woodstock, molto
meno pubblicizzata ma con un enorme successo. La Woodstock padana di
Zerbo. Quello che di originale c’era a
Woodstock, era la deflagrazione improvvisa e imprevista (come la
stessa vicenda commerciale ed organizzativa della tre giorni
dimostrò) di comportamenti spontanei che a Zerbo erano già “cult”
per masse considerevoli di persone che di spontaneo avevano ben poco,
anche se ricordo la genuina e partecipata curiosità di tanti
arrivati lì perché Zerbo era un precedente da non perdere, ma da
cui non sapevano cosa aspettarsi. “Tutti nudi nel Po”, così si
chiamava la Woodstock italiana svoltasi nel 1972 a Zerbo, con
il festival della rivista RE NUDO. La nostra Woodstock casalinga,
campagnola e lombarda si svolse con un ritardo di 3 anni sul modello
originale. In un paese dimenticato, poverissimo e piccolissimo
com'era nei primi anni' 70 Zerbo, sulla riva pavese del Po. Un paese
con seicento abitanti, che del tutto imprevedibilmente, tra il 16 ed
il 19 giugno del 1972 si trovo' ad ospitare lungo la riva del fiume,
che nei giorni precedenti era anche tracimato, la bellezza di 30 mila
ragazzi, convocati per il primo, grande Festival dalla rivista
underground "Re Nudo". Dopo (tra infinite polemiche e
mobilitazione di polizia) ci sarebbero stati i festival dell' Alpe
del Vicere' nel cuore della Brianza (1973) e quello del milanese
Parco Lambro, che fu l' ultimo: infatti l' organizzazione hippy, con
un po' di "erba" da fumare, molti fiori, e i decibel di
gruppi che si chiamavano "Premiata Forneria Marconi" o
"Opium", panini e Coca Cola a non finire, fu travolta dalle
bande di autonomi che distrussero, rubarono e introdussero anche
quelle droghe pesanti che "Re Nudo" non ammetteva tra il
suo popolo. Zerbo invece suscito' simpatie un po' dovunque: basti
ricordare che i mille uomini delle forze dell'ordine (cosi' bene
travestiti che i fotografi che cercavano il "colore"
fotografavano soprattutto i giovani carabinieri in blue jeans) non
ebbero mai occasione di intervenire. Gli abitanti del paese
adottarono i trentamila figli dei fiori, qualcuno partecipò con
divertimento al rito collettivo del bagnarsi nel fiume tutti nudi. I
cittadini di Zerbo, regalarono anche centinaia di scatole di cerotti
per curare le vesciche di quelli che erano arrivati da lontano in
autostop. Il ricordo di chi c'era? Tafani e zanzare davvero bestiali
e penosa scarsità di ragazze. Ricordo l’amico D. grande uomo e
personaggio unico, che per ben una settimana sparì dalla
circolazione e dal lavoro, con grande inquietudine della moglie che
lo rivide dopo con la pace nello spirito e nei sensi. Furono gli
ultimi grandi raduni musicali quelli tenuti a Zerbo, ad Alpe del
Vicere' e al Parco Lambro. L' addio a questo genere di manifestazioni
fu in data 30 giugno '76. Sotto il titolo "L' amaro bilancio
del pop" si dava conto in queste pagine del festival appena
concluso attraverso le dichiarazioni dei principali organizzatori
"alternativi" (Re Nudo e Lotta Continua) ai quali la
situazione era completamente sfuggita di mano e chiunque, passante o
giornalista, poteva venire accusato di essere un fascista o uno
spacciatore e massacrato di botte. Quello di Zerbo sul fiume Po fece
comunque confluire nel 1972 più di 30.000 persone, i tempi erano
fantastici, cose irripetibili (come il concerto degli Stones a
Milano). Gli ingredienti per qualcosa di
indimenticabile c’erano tutti, si dormiva sulla riva del fiume, nei
sacchi a pelo, sotto capanne fatte con le frasche, si mangiava quello
che si riusciva a trovare di scatolame nel raggio di una ventina di
chilometri almeno, si conoscevano persone e si scambiavano cose con
la facilità dello schioccar di dita. Tutto bello? No, una delusione,
mi ricordo solo pochissimi gruppi e artisti che si affacciarono sul
palco: Alphataurus, che di lì a poco incisero
un disco, Finardi, Area,
Rovescio della Medaglia, Stormy Six e…altri.
Il motivo? Può sembrare
paradossale dirlo, ma era la mancanza di spontaneità che
caratterizzava il festival pop: dovevi estasiarti con le canne,
dovevi girare nudo, dovevi giocare con gaia fanciullezza nel fango,
dovevi danzare intorno al falò, e se eri una fanciulla non era raro
che ti venissero idealizzati altri obblighi. Una cosa successe alla
popolazioni bassaiola di Zerbo, la sparizione delle biciclette. Poco
male, i “Figli dei fiori” venivano in paese a far la spesa e dopo
inforcavano la prima bicicletta che trovavano ed andavano al Fiume
che distava circa 2 Km. I cittadini non se ne facevano un cruccio,
visto che sapevano dove andarle a ripescare, però a questi ragazzi
la popolazione cortese e gentile di Zerbo volle un gran bene, e cerco
di aiutarli in ogni modo.
Maurizio Machetta